Con l’arrivo dell’estate il desiderio di trascorrere gran parte delle ore diurne godendosi un meritato riposo sdraiati al sole condiziona inevitabilmente le nostre abitudini alimentari, costringendoci a rivedere la distribuzione dei pasti, e soprattutto la loro composizione qualitativa. Contrariamente a quanto accade d’inverno, infatti, la cena diventa il pasto più importante della giornata e numerosi interrogativi sorgono su come gestirla in modo adeguato relativamente ai propri fabbisogni nutrizionali. In particolare, grossi scrupoli ci attanagliano sulla opportunità di consumare in tale occasione un primo piatto, nel timore che il consumo di un alimento ricco di carboidrati di sera sia inevitabilmente dannoso per il nostro metabolismo. La questione, da tempo dibattuta, è stata oggetto in questi ultimi anni di numerose ricerche scientifiche, che dimostrano che tale convinzione rientrerebbe solo nell’ambito di affermazioni aneddotiche, di quel “sentito dire” che gli Anglosassoni definiscono efficacemente con il termine “broscience” (ignoranza, incompetenza), atteggiamento particolarmente diffuso nel mondo del culturismo e ginnico-sportivo più in senso lato.
DA COSA ORIGINA LA CONVINZIONE CHE I CARBOIDRATI CONSUMATI A CENA FANNO INGRASSARE ?
La maggior parte degli “esperti” consiglia di limitare i carboidrati di sera perché ritiene che quando si va a dormire il metabolismo rallenta, per cui tali carboidrati avranno una maggiore possibilità di essere immagazzinati come grasso. Nella prima parte della giornata, secondo i sostenitori di questa tesi, essi avrebbero, invece, una maggiore probabilità di essere bruciati. A tale ragionamento, già di per sè in apparenza plausibile, essi aggiungono che di sera la sensibilità all’insulina è ridotta, e tale fenomeno favorirebbe la tendenza dei carboidrati ad accumularsi nel tessuto adiposo come trigliceridi, piuttosto che nei muscoli, dove, in altri momenti della giornata, andrebbero più propriamente a depositarsi sotto forma di glicogeno, la principale forma di riserva energetica utilizzata dal nostro corpo per lo sforzo legato all’attività fisica.
Esistono numerose evidenze scientifiche che dimostrano ampiamente che tali convinzioni sono errate.
Innanzitutto studi condotti da vari gruppi di lavoro sulle variazioni del metabolismo notturno, pubblicati su prestigiose riviste scientifiche internazionali (Katayose et al. – Metabolism, 2009; Seale JL et al. European Journal of clinical Nutrition, 1999;Zhang k et al. – Int Journal Obesity Relat Metab. Disord., 2002; Mischler I et al. – Can. Journal Appl. Physiol, 2003) hanno dimostrato che, per quanto nella prima metà delle ore di riposo notturno ci sia effettivamente una riduzione di circa il 35% del dispendio energetico, nelle ore restanti, quelle del sonno cosiddetto in fase REM, c’è un significativo incremento degli indici metabolici. L’effetto complessivo, pertanto, è tale che il dispendio energetico del sonno può essere sostanzialmente considerato sovrapponibile a quello a riposo durante le ore diurne. Rispetto, poi, alla questione della sensibilità all’insulina e la tolleranza al glucosio nelle ore serali, vanno fatte alcune opportune considerazioni. Rispetto ai pasti effettuati durante al mattino, i livelli di glucosio e di insulina nel sangue sicuramente rimangono elevati più a lungo dopo cena. Il pasto effettuato al mattino, tuttavia, capita dopo il digiuno notturno, e il digiuno può effettivamente migliorare la sensibilità all’insulina. In aggiunta, però, vari studi ( Biston P et al. Hypertension, 1996 – Van Cauter E et al., American Journal of Physiology, 1992) hanno dimostrato che non vi è in realtà alcuna differenza di sensibilità all’insulina o tolleranza al glucosio fra il pranzo e la cena. Pertanto sembra che la sensibilità all’insulina e la tolleranza al glucosio non sono necessariamente alterati di notte, ma sono semplicemente migliorate a digiuno.
CARBOIDRATI A CENA ? FANNO DIMAGRIRE ! I RISULTATI DI UNO STUDIO PUBBLICATO SULLA RIVISTA SCIENTIFICA OBESITY NEL 2011
Un gruppo di ricercatori della Facoltà di Agricoltura, Cibo e Ambiente – Istituto di Biochimica e Scienza dell’Alimentazione – dell’Università di Gerusalemme ha pubblicato nel 2011 sulla prestigiosa Rivista Scientifica “Obesity” i risultati di uno studio condotto per sei mesi su due gruppi di persone (un gruppo di controllo e un gruppo sperimentale) sottoposti a un regime calorico restrittivo. Ogni gruppo consumava la stessa quantità di calorie, proteine, carboidrati e grassi, ma l’apporto di carboidrati veniva distribuito in modo molto diverso. Il gruppo di controllo mangiava carboidrati nell’arco di tutta la giornata, mentre il gruppo sperimentale consumava la maggior parte del proprio apporto di carboidrati(circa l’ 80 per cento del totale) di sera. A conclusione del protocollo di sperimentazione risultava che il secondo gruppo non solo aveva perso molto più peso e grasso corporeo rispetto al gruppo di controllo, ma aveva anche provato una migliore sazietà e meno fame!
QUAL E’ LA SPIEGAZIONE DI QUESTI RISULTATI ?
1) MAGGIORE PERDITA DI GRASSO CORPOREO:
I ricercatori hanno ipotizzato che la differenza sia legata ai migliori livelli di ormoni nel gruppo sperimentale. In particolare i valori di insulina basale in questo gruppo erano significativamente più bassi rispetto a quello che distribuiva i carboidrati in tutta la giornata; ciò comportava una ridotta sensibilità all’insulina, lo stesso fenomeno che si osserva consumando pasti al mattino, dopo il digiuno notturno . Inoltre, il gruppo sperimentale aveva livelli molto più elevati di adiponectina, un ormone associato ad un aumento della sensibilità all’insulina e alla combustione dei grassi, e leggermente superiori di leptina, un altro ormone, prodotto dal tessuto adiposo, che induce riduzione dell’appetito. Infine i soggetti del gruppo sperimentale avevano più bassi livelli di colesterolo LDL (cattivo) e livelli elevati di colesterolo HDL (buono).
2) MINORE SENSAZIONE DI FAME E MAGGIORE SAZIETA’:
Quando si mangiano piccole quantità di carboidrati spesso, si riversa continuamente glucosio nel torrente circolatorio. Per smaltire questo glucosio, il corpo rilascia insulina per favorire l’entrata del glucosio dal sangue nelle cellule. Una eccessiva secrezione di insulina, tuttavia, può causare aumento della fame, con necessità di ingerire carboidrati già 2-3 ore dopo il pasto (la durata approssimativa di una risposta insulinica). Se si mangiano carboidrati meno frequentemente, invece, si avverte meno fame perché l’organismo mette in atto dei sistemi propri (gluconeogenesi) che si occupano di produrre glucosio mantenendo la glicemia costante. I soggetti del gruppo sperimentale, infatti, avevano più fame nella prima settimana della dieta, ma a 90 e 180 giorni dall’inizio del protocollo si dichiaravano decisamente molto più sazi.
Nel complesso, quindi, le persone che avevano mangiato la maggior parte dei loro carboidrati di sera avevano perso più grasso corporeo e presentavano migliori marcatori di salute alla fine dello studio rispetto a quelli che mangiavano la maggior parte dei carboidrati durante la giornata.
Via libera a cena, quindi, ad un bel piatto di spaghetti al pomodoro e basilico, emblema dei colori di un’ Estate Mediterranea ! Come sempre (ma pensiamo sia superfluo) il buon senso e la parsimonia nelle porzioni sono d’obbligo!